INTELLIGENZA E CREATIVITÀ:
LE PERSONE CREATIVE SONO PLUSDOTATE?

È geniale!” si esclama quando ci si trova davanti un prodotto creativo, originale, innovativo. “Geniale” per definizione riguarda un ingegno eccezionale, fuori dalla norma. La creatività sembra essere l'espressione di un'intelligenza notevole, fuori dal comune, una componente fondamentale della giftedness.
Eppure forse sorprenderà sapere che, in base agli studi empirici, le persone creative, in media, plusdotate non sono, e che non tutti i plusdotati sono creativi. Sembra infatti che la media del quoziente intellettivo delle persone creative si aggiri intorno a un punteggio di 120 (Carson, 2011), dunque un QI alto, ma appena alle soglie dell'alto potenziale cognitivo (in Italia si parla di alto potenziale cognitivo a partire da un punteggio di 120 e di plusdotazione a partire
da 130; all'estero la soglia della giftedness è convenzionalmente posta a 130). Tuttavia, in effetti, in base ad alcuni studi, i risultati dei creativi sembrano essere in qualche modo simili a risultati ottenuti da soggetti plusdotati. Nel 1962 Getzels e Jackson rilevarono che le performance di un gruppo di plusdotati (con media 150) e un gruppo di creativi (con media 127) erano simili nonostante i 23 punti in meno di QI, e in entrambi i casi i risultati erano superiori a quelli ottenuti dal resto della popolazione. Inoltre a parità di quoziente intellettivo tra un gruppo di studenti con alta creatività e uno con bassa creatività il primo gruppo è stato valutato dagli insegnanti più interessante e promettente (Csíkszentmihályi, 2014).
Se le performance sono simili allora perché si registra questa grossa differenza nei punteggi di QI?
La risposta è da ricercarsi nelle definizioni di intelligenza e nella struttura dei test: i tradizionali strumenti per la valutazione del QI trascurano la creatività e non sono adatti per valutare e comprendere funzionamenti non neurotipici.
I profili delle persone neurodivergenti sono spesso disomogenei con discrepanze nei punteggi così ampie da rendere il QI “non interpretabile”, cioè non significativo, non reale rappresentazione delle performance del soggetto.
I test di intelligenza sono strumenti per il pensiero convergente, chiedono soluzioni non creative, le risposte sono giuste oppure sono sbagliate; i test che valutano la creatività richiedono invece soprattutto il pensiero divergente, domande aperte e con possibilità di elaborare un numero di idee infinite, esplorando alternative originali, valutano flessibilità e fluidità ideativa (Sternberg, 2000; Runco & Yoruk, 2014; Kaufman, 2018).
Inoltre caratteristiche utili per la creatività nei test di intelligenza si traducono in ostacoli o deficit. Un esempio potrebbe essere la bassa inibizione latente, caratteristica riconosciuta come utile per la creatività, ma che nei test può tradursi in una decurtazione di punteggio. Una diminuzione dell'inibizione latente infatti comporta una difficoltà a escludere stimoli irrilevanti per un compito specifico. I subtest delle scale Wechsler, per la valutazione del quoziente intellettivo, sono composti da stimoli, semplici, ripetitivi, e tra loro indipendenti; la realtà invece è composta da stimoli complessi, anche stimoli non rilevanti per il compito specifico possono contribuire alla formazione di impressioni, di connessioni. Ne consegue che una sovrabbondanza di stimoli nella realtà può trasformarsi in ricchezza, per creatività, per qualità delle risposte e comprensione dei contesti, mentre l'accumulo di stimoli nei test costituisce un mero inquinamento del pensiero: gli stimoli inutili per il compito interferiscono traducendosi in distrazione, confusione, sovraccarico.
Un altro esempio possono essere le ipereccitabilità descritte da Dabrowski, considerate da alcuni studiosi sintomi di plusdotazione e utili per la creatività: possono rivelarsi sostanzialmente poco utili (es. ipereccitabilità intellettuale utile solo per alcuni subtest ICV), inutilizzabili (es. ipereccitabilità immaginativa) oppure ostacolanti (es. ipereccitabilità sensoriale).
Per questi motivi non è raro riscontrare discrepanze tra i risultati dei test e le performance nella quotidianità.
Autori come Renzulli e Sternberg distinguono tra diversi tipi di plusdotazione, ad esempio tra plusdotazione accademica e plusdotazione creativo-produttiva, e invitano a prestare attenzione nell'interpretazione dei risultati dei test perché c'è il rischio di non rilevare la plusdotazione creativa e di escludere persone promettenti da programmi per gifted (Sternberg, 1999; Sternberg, 2000; Renzulli, 2016). Professionisti e ricercatori hanno studiato delle maniere per “correggere” e interpretare i risultati dei test di intelligenza quando si tratta di soggetti neurodivergenti, ma rimane il problema che non si tratta di strumenti adatti a valutare questo genere di profili, proprio perché filtrano le informazioni impedendo il dispiegarsi delle caratteristiche della neurodivergenza, “leggono” queste caratteristiche in ottica neurotipica: valutare le persone creative con gli attuali strumenti per la valutazione del QI è come valutare il taglio di una torta fatto con una motosega.
La motosega è fatta per tagliare il legno, è chiaro che il taglio di una motosega fatto su un dolce apparirà grossolano, sproporzionato, di qualità inferiore rispetto a quella ottenuta con un coltello. Tenere conto che si tratta di una motosega, che è “fatta per altro”, può forse salvare dal rischio di considerare la performance come un vero e proprio fallimento, ma impedisce di valutare bene le potenzialità dello strumento, di capire “come funziona” e “cosa può fare”.
In conclusione, quando si tratta di valutare persone creative o con evidenti caratteristiche neurodivergenti occorrerà prestare particolare attenzione nell'interpretazione dei punteggi perché l'attuale struttura degli strumenti diagnostici porta non solo a risultati empirici paradossali, con notevoli discrepanze tra risultati dei test e nelle performance nella vita reale, ma ostacola anche una vera comprensione del funzionamento non neurotipico. Purtroppo, fino a quando non saranno creati strumenti più adatti, dobbiamo mettere in moto tutta la nostra sensibilità per comprendere, aiutare e sostenere le persone neurodivergenti.
                                                                                                                                 Dr.ssa Elisa Zirotti


BIBLIOGRAFIA
Carson, S. H. (2011). Creativity and psychopathology: a shared vulnerability model. La revue canadienne de psychiatrie, 56 (3). 144-153. DOI:
https://www.researchgate.net/publication/50890911_Creativity_and_Psychopathology_A_Shared_Vulnerabil...
Csíkszentmihályi, M. (2014). The Systems Model of Creativity. The Collected Works of Mihaly Csikszentmihalyi. New York London: Springer Dordrecht Heidelberg.
Kaufman, J. (2018). Creativity as a stepping stone toward a brighter future. Journal of intelligence, 6 (2). 21 DOI: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6480761/
Runco, M. A. & Yoruk, S. (2014). The neuroscience of divergent thinking. Activitas nervosa superior. 56, 1-16. DOI: https://link.springer.com/article/10.1007/BF03379602
Sternberg, R. (1999). Handbook of creativity. Cambridge: Cambridge University Press.
Sternberg, R. (2000). Handbook of intelligence. New York: Cambridge University Press.
Renzulli, J. S. (2016). The three-ring conception of giftedness: A developmental model for promoting creative productivity. In S. M. Reis (Ed.), Reflections on gifted education: Critical works by Joseph S. Renzulli and colleagues Richmond: Prufrock Press Inc., 55-90. DOI: https://www.researchgate.net/publication/237668711_The_Three Ring_Conception_of_Giftedness_A_Developmental_Model_For_Promoting_Creative_Productivity